di jebstuart [user #19455] - pubblicato il 16 agosto 2013 ore 13:30
Poche settimane fa parlavo di viaggi low cost e di fregola di relax o di avventure. Una pulsione ormai profondamente radicata nei Sapiens del Terzo Millennio, che tuttavia non esplode mai così prepotentemente come con l’approssimarsi delle settimane centrali di Agosto.
Poche settimane fa parlavo di viaggi low cost e di fregola di relax o di avventure. Una pulsione ormai profondamente radicata nei Sapiens del Terzo Millennio, che tuttavia non esplode mai così prepotentemente come con l’approssimarsi delle settimane centrali di Agosto. Un rito pagano, che pare vada consumato con regolarità, a costo di richiedere l’aiutino della Finanziaria sotto casa. Ma d’altra parte il senso degli Augustales non era proprio di esorcizzare, costasse quel che costasse, le fatiche del raccolto?
Mercoledì pomeriggio ho fatto un giro per Napoli e dintorni. Vigilia di Ferragosto, serrata furibonda degli esercizi commerciali, Napoletani rimasti a casa (non pochi, peraltro) che si aggiravano per le strade con l’aria dei sopravvissuti di "The Day After", assi stradali diretti ai grandi Centri commerciali intasati di automobili. Scenari di ordinaria post-modernità, nei quali personalmente mi muovo con un certo disagio e che non fanno altro che rinfocolare in me un sottile odio per il Ferragosto. Sì, perché è da quando ero ragazzino che Ferragosto proprio non mi piace. Già da allora, anche se intorno tutti sembravano inspiegabilmente presi da una specie di smania di vivere, per me Ferragosto significava soprattutto che le vacanze, il mare, le lunghe pescate, le corse in campagna, la raccolta delle more e dei fichi d'india stavano per finire. E quello che avrebbe dovuto essere il momento clou dell’Estate - le Feriae Augusti - a me finiva per provocare tristezza. È possibile che soffrissi di una forma depressiva infantile, ma è molto più probabile che avessi invece capito che l'attesa e la vigilia valgono molto di più della festa. In effetti non c'è nulla di più bello dell'imminenza di un piacere. Senza scomodare l'Estetica o la Sessuologia, basti pensare - per rimanere in un campo che ci è caro - a cosa siano la progettazione dell'acquisto di una nuova chitarra o i primissimi momenti del suo possesso. Il sugo è tutto lì, indubbiamente. Quei Ferragosti anni '60 finivano così solo per accendere la nostalgia dei giorni bellissimi che li avevano preceduti. E a me veniva regolarmente il rimorso di non averli vissuti fino in fondo. Di aver voluto leggere il solito fumetto invece di andare a pescare o di aver rinunciato stupidamente alla gita in campagna (gita, non “escursione” e cioè sandali aperti, polvere e mappatella di cibo richiusa in un panno da cucina) per dormire qualche ora in più. E a ben pensarci, quei giorni “comuni” di vacanza rappresentavano in fondo la quotidianità, e si sa che la normalità, il tran tran, l’ovvio e lo scontato finiscono per appare preziosi proprio quando si sta per perderli.
L’ho scritto altre volte. L’avanzare dell’età rende troppo pensosi e pedanti e probabilmente gli Accordiani più giovani, se hanno resistito fino a questo punto, staranno attuando il gesto con il quale si muovono le due mani, a mo’ di ventaglio, davanti alla patta dei pantaloni e che ha il significato universale di “Che palle ….!!!”. Ma io insisto. Per lavoro incontro molta gente la cui vita è agli sgoccioli. Beh, quando parlano del loro esiguo futuro inevitabilmente non rimpiangono feste e bagordi, né di non aver fatto in tempo a vedere Cancún o Singapore. Mi dicono invece che vorrebbero spendere ancora qualche tempo a casa propria, tra i loro cari e le loro cose. La nostalgia del quotidiano, insomma. Il martellamento che dalle TV, dal web e dai giornali cerca di convincerci che la vita sia semplicemente l'intervallo tra una vacanza e l’altra o tra un week end e il successivo può avere implicazioni imprevedibili. Né, a mio modesto parere, può essere considerato un indice di benessere e di progresso sociale, quanto piuttosto l’espressione di interessi economici e politici che ci vedono succubi e non attori. A me pare, insomma, che colà dove si puote quel che si vuole faccia comodo un mondo di zuzzurelloni. Certo, noi Italiani in fondo siamo nipotini dei Romani, e da nessuna parte come a Roma il calendario rigurgitava di festività. Ma contemporaneamente da nessuna parte come a Roma si era perfettamente capito che panem et circenses tengono buona la plebe.
Ogni tanto è bello scoprire l’acqua calda. E questo straparlare mi fa sentire saggio.